..Alla dogana di Abu Dhabi il poliziotto sorridente e tranquillo guarda il mio passaporto e mi fa : "... italiano? Bella Ciao! ...". Mi sono sentito orgoglioso quasi come Majakovskij quando mostrava il suo passaporto sovietico. Un giorno i musicologi i critici e gli storici della musica (un Massimo Mila futuro) studieranno questo fatto straordinario, per cui un canto originario delle risaie e delle mondine, accreditato come il canto della Resistenza italiana (ma anche questo ruolo Bella Ciao l'ha conquistato dopo la Resistenza non durante) è diventato l'inno internazionale dell'antagonismo, il canto di chi resiste dall'America Latina alla Turchia, al Rojava, all'Estremo Oriente. Gli spunti di riflessione per gli studiosi futuri possono essere due. Uno viene da Pasolini quando afferma che i proletari italiani, rispetto all'elite di potere, erano proprio un altro popolo un'altra etnia (come i neri in America) con un'altra lingua un'altra cultura un'altra storia un'altra musica. L'altro è Sebastiano Vassalli, quando dice che chi lavorava in risaia era in condizioni simili ai nuovi schiavi delle piantagioni americane. Il ritmo, il tempo del canto delle mondine, l'energia che suscitava per lavorare e poi per lottare è qualcosa di familiare all'orecchio di tutti gli sfruttati del mondo. Ma la Resistenza italiana, oltre a dare il canto ai resistenti di tutto il mondo, ha fatto altro: ha definito l'unico codice di comportamento del guerriero occidentale, un Bushido dell'Occidente, il codice Cichero. "In attività e nelle operazioni si eseguono gli ordini dei comandanti, ci sarà poi sempre un'assemblea per discuterne la condotta; il capo viene eletto dai compagni, è il primo nelle azioni più pericolose, l'ultimo nel ricevere il cibo e il vestiario, gli spetta il turno di guardia più faticoso; alla popolazione contadina si chiede, non si prende, e possibilmente si paga o si ricambia quel che si riceve; non si importunano le donne; non si bestemmia." Dal "Codice di Cichero", il regolamento che redassero insieme i comandanti partigiani Aldo Gastaldi, apartitico e cattolico, e Giovanni Serbandini, comunista."
Bisognerebbe vivere sempre così.
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