L'8 agosto del 1848 ha un grande significato simbolico per la città di Bologna. 1. Quel giorno la plebe bolognese insorse contro gli austriaci. A quei tempi solo i nobili ( e qualche raro borghese) avevano competenze militari e tutti i nobili risorgimentali bolognesi erano volontari a combattere in Veneto. Radetsky, che aveva combattuto contro Napoleone ed era un ottimo soldato, pensò di allentare la pressione sul Lombardo-Veneto e inviò Welden a Bologna. Era un'ottima manovra : il papa Pio IX aveva moderatamente aperto agli ideali risorgimentali e ciò dava mano libera ai militari austriaci. Il legato pontificio, massima autorità della città, pensò di andarsene a Porretta a fare un ciclo di terme e Bologna risultò abbandonata a sè stessa. Quando arrivano gli austriaci c'è solo la plebe bolognese sulle barricate. Abbiamo i diari meravigliosi delle nobildonne ( Pepoli e Tanari) che caricano i fucili, curano i feriti e descrivono quella plebe terribile esteticamente (i punkabbestia sono roba da ridere ). Disse la contessa Carolina Pepoli, nipote di Murat ex re di Napoli, : "... tutto il merito (della battaglia vittoriosa) è della canaglia." La struttura organizzata della "canaglia" era costituita dai facchini, la parte più povera dei lavoratori. I facchini erano organizzati in " balle". C'è ancora un termine nel linguaggio giovanile ("ballotta") che rimanda alle "balle". Si trattava di organizzazioni dirette discendenti delle Corporazioni di mestiere medievali e che anticipavano le organizzazioni sindacali. Le "balle" esaminavano le richieste di lavoro e contrattavano le paghe. Erano situate nelle osterie (una o due per quartiere), che svolgevano, ad un tempo, la funzione di ristoro e di centro operativo delle "balle". Esisteva dunque un'organizzazione dei facchini diffusa in tutta la città. Le "balle" erano tradizionalmente in competizione tra loro (in particolare la balla del Pratello e la balla di Borgo S.Pietro) ma quel giorno, l'8 agosto, si unirono ed esplosero un fuoco micidiale dalle colonne dei portici, dalle barricate e dai tetti sugli artiglieri austriaci. Un colpo eliminò il comandante dell'artiglieria e gli austriaci si ritirarono. Ci furono molte insurrezioni popolari nel Risorgimento ( Milano Brescia Roma...) ma la differenza con Bologna è che qui la direzione militare è per la prima volta non dei nobili o dei borghesi, ma della plebe, dei facchini, come lucidamente riconobbe la contessa Pepoli. Si creò allora una balla delle balle, una balla unitaria, la balla grossa o la balla dalle scarpe di ferro (c'è un bel libro di Loriano Machiavelli proprio su questa storia). Facevano parte della balla grossa i fratelli Ceneri, facchini del Pratello, e Paggi che partecipava regolarmente alle riunioni della Società delle Nazioni di Garibaldi a Genova. 2. I plebei protagonisti di quelle giornate, dopo l'unità d'Italia, diedero vita alla banda Ceneri - Paggi e si misero a confiscare i beni dei ricchi e ad ammazzare i funzionari sabaudi. La banda Ceneri-Paggi è il corrispettivo bolognese dei briganti meridionali, ma mentre la storiografia meridionalista ha restituito l'onore storico ai briganti, ciò non è avvenuto per i bolognesi, ricacciati dalla storiografia ufficiale nella cronaca nera. All'indomani dell'Unità d'Italia, nel 1861, si manifestano subito i problemi. A Bologna a settembre c'è una sommossa delle donne contro il rincaro dei prezzi dei generi alimentari. Nei disordini apparve lo stendardo della Società Operaia di cui Paggi era membro. La sommossa dura diversi giorni, le donne assaltano e rovesciano le bancarelle dei generi rincarati. Il vicequestore Grasselli procede a diversi arresti tra cui i fratelli Ceneri. Paggi si reca subito in Questura per ottenerne il rilascio. A questo punto le balle cambiano metodo e diventano una banda. Questi uomini che avevano combattuto per il Risorgimento non sono affatto soddisfatti del risultato. Come aveva detto Pisacane:"... non c'è differenza tra il dominio degli Asburgo e il dominio dei Savoia". Capita a costoro qualcosa che capiterà poi ai partigiani dopo il 25 aprile: mentre c'è chi ha guadagnato (nobile e borghesi) dalle lotte e dal sacrificio loro e dei compagni morti, per loro nulla è cambiato. Si ritrovano di fronte le stesse guardie svizzere papaline che li avevano perseguitati, integrate nelle Forze dell'ordine del nuovo Stato. La banda assalta allora la casa dei Pepoli (principali beneficiari del Risorgimento). All' altezza dell'attuale scalo ferroviario di San Donato, travestiti da carabinieri, assaltano il treno con il vagone dei Torlonia. Confiscano i beni dei ricchi, esattamente come va facendo in quegli anni il brigante Crocco al sud. In Strada Maggiore abbattono a fucilate il vicequestore Grasselli e l'Ispettore governativo giunto a Bologna per catturarli. Sul muro dell'esecuzione scriveranno: "con il sangue si abbassa la vanità dei potenti." La storiografia non ci ha lasciato nulla della banda. Non sappiamo cosa pensavano, cosa dicevano, abbiamo solo le parole di chi li combatteva, della stampa di allora. Sappiamo che scrivevano a coloro a cui confiscavano i beni. In una lettera scrivono: " finché i signori non cesseranno di maltrattare il popolo ci saranno sempre disordini". È un linguaggio politico, non è un linguaggio di semplici rapinatori. Il PM al processo dichiarerà che esisteva una rete di donne e bambini che controllava la Questura ed informava la banda di ogni movimento che vi avveniva. Ogni membro di questa rete riceveva una parte del bottino, coloro che venivano catturati e le loro famiglie ricevevano l'assistenza della banda. I Ceneri e Paggi vengono catturati al largo di Genova, dopo un assalto al Banco di Genova. Il processo contro di loro si svolse in Palazzo Comunale, sala d'Ercole. Fu allestita una gabbia con più di un centinaio d'imputati (nella foto). Fu definito il processo della Causa Lunga per la durata di 6 mesi, inusuale per quei tempi. Furono comminati una decina di ergastoli ed una condanna a morte in contumacia per l'omicidio dei questurini. Ad appesantire le pene fu il reato di Associazione previsto dallo Statuto Albertino, che non esisteva nello Stato della Chiesa quando, per l'Accusa, fu commesso. La Difesa (pur essendo d’Ufficio) sollevò obiezioni: non si poteva accusare di un reato che non esisteva come tale quando era stato commesso. La Difesa concluse che l'applicazione retroattiva del codice penale sabaudo rivelava che l'Italia non era un nuovo Stato, ma una conquista dei Savoia che imponevano le loro leggi. 3. Dopo le condanne, a gennaio al porto di Livorno, mentre veniva trasferito a Porto Longone (Elba), Pietro Ceneri si tuffa in mare e si allontana su di una lancia che seguiva da tempo il traghetto. Di lui si perdono le tracce finché nel 1881 un telegramma da Santiago del Cile comunica che il latitante Pietro Ceneri è là ai ceppi, in prigione. Ha avuto un conflitto a fuoco con i soldati cileni, intervenuti per una sparatoria tra Ceneri e un suo socio che aveva cercato di derubarlo. Finite le munizioni Ceneri ha avuto la mascella fracassata dal calcio del fucile di un soldato cileno ed è ferito alla coscia destra. Siccome ha ucciso due soldati è condannato alla fucilazione. Solo allora rivela di non essere Rafael Benedetti (il suo nuovo documento) ma Pietro Ceneri evaso bolognese. È l'ultima immagine di questo indomito irriducibile facchino, una sorta di Butch Cassidy bolognese. Tutte storie cancellate, che se le avessero gli americani ne farebbero film e venderebbero alle aste le armi e i reperti per svariati milioni di dollari (come avviene in questi giorni per la pistola di Pat Garret, che uccise Billy the Kid).
(P.S. nei commenti su facebook, dove il post è stato presentato per la prima volta, Rosaria Rossi ha ricordato che il padre, del 1925, quando c'erano scioperi in situazioni di forte tensione e c'erano pericoli di scontri, usava dire che sarebbe arrivata la "bala grosa di fachen", testimonianza preziosa della durata di una memoria sotterranea...)
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