top of page
Cerca
kamo1957

22 MAGGIO 1901. GAETANO BRESCI MUORE "SUICIDATO"


Se c'è una storia tutta italiana che può eguagliare l'epopea giapponese dei 47 ronin (=samurai senza padrone) questa è senz'altro la storia di Gaetano Bresci.


1. La storia dei 47 ronin prende le mosse da una sorta di Macbeth giapponese che, nottetempo, uccide il suo ospite. La vittima ha però al suo seguito 47 samurai e tutti si aspettano la loro reazione. L' assassino ha allertato tutti i suoi samurai (molto più numerosi dei 47) e tutto è pronto per stroncare ogni loro tentativo. I 47 invece non mostrano alcuna velleità di vendetta e sono stranamente passivi. Salutano la compagnia e si disperdono ognuno per suo conto per il paese, vagabondi ronin. L' assassino li fa controllare a lungo, infine ritira i suoi uomini. I 47 se ne stanno in giro per anni, ognuno per suo conto. A volte incontrano altri samurai, altri ronin che li dileggiano, li scherniscono per non aver cercato di vendicare il loro Signore. Nessuno di loro reagisce mai agli scherni. All'improvviso, una notte, si ritrovano tutti al castello dell'assassino. Prima di attaccare, il capo pronuncia un discorso memorabile, che andrebbe scolpito nei cuori proprio come dice Primo Levi di Se questo è un uomo. "Un'ingiustizia è stata commessa. L' Armonia del mondo è stata incrinata. Non possiamo tollerarlo". Ammazzeranno tutti, l'assassino e tutti i suoi numerosi samurai. Poi procederanno al suicidio rituale. Era questa l'unica possibilità che avevano per impedire una durissima riprovazione sociale sui loro cari. Da quel momento fino ad oggi, una struggente devozione popolare si manifesta nei luoghi in cui i 47 sono vissuti e sono morti. Soprattutto il luogo del suicidio è sempre meta del pellegrinaggio popolare. Per un occidentale è qualcosa di incomprensibile, fenomeni che da noi si manifestano per i santi. Ed è proprio questo che sono i 47 ronin per i giapponesi : santi e guerrieri (bushi). Impensabile per noi. Un fossile che riemerge da altre epoche, “dall’era del cinghiale bianco”- avrebbe detto Franco Battiato, il cantautore scomparso in questi giorni, che oggi tutti chiamano Maestro ma se diceva quel che pensava della politica italiana veniva cacciato d’ufficio da ogni incarico politico.


2. Raccontò Sophie la moglie irlandese che quando la notizia della Strage di Milano (maggio1898) arrivò a Paterson (USA) Gaetano Bresci pianse disperato. Era successo che a Milano il gen. Bava Beccaris aveva preso a cannonate la folla che protestava per l'aumento del prezzo del pane. Le cifre ufficiali parlarono di 89 morti, ma il numero non è preciso perché fu presa a cannonate anche la Mensa dei Poveri, a cui affluivano senza tetto e senza fissa dimora. Il re d'Italia ritenne che ci fosse voluto molto coraggio ad affrontare, armati di tutto punto, una folla disarmata e decoro' il gen. al valor militare. La comunità anarchica di Paterson esplose di indignazione. Un'anarchica molto bella promise le sue grazie a chi avesse vendicato i morti di Milano. Dopo il pianto Bresci non tornò più sull'argomento. Partecipò alle manifestazioni contro i Savoia ma rimase defilato. Era stato un protagonista della comunità di esuli. Sempre attivo nelle iniziative e sempre presente. Si era caratterizzato come un unificatore delle diverse fazioni anarchiche. Quando c'era stato un convegno con Malatesta (considerato troppo autoritario dagli anarchici individualisti) si era scatenata una rissa gigantesca. Un barbiere aveva puntato il revolver su Malatesta, Bresci gli afferrò il polso e lo stese con un diretto al volto. Era giunto a Paterson liberandosi dai suoi guai con lo Stato dei Savoia. I guai erano iniziati quando a Prato, sua città natale, era intervenuto contro due vigili che volevano multare un garzone di fornaio che teneva aperto fuori dall'orario. I vigili stavano maltrattando il garzone e Bresci maltratto' i vigili. Cominciarono così i suoi problemi con la Legge dei Savoia, che si conclusero a Paterson. Operaio tessile, guadagnava bene, si era sposato, aveva una bimba. Piano piano si staccò dalla comunità anarchica. Ritirò anche le sue azioni alla società editrice. Disse che doveva tornare per un'eredità, riempì la sua bimba di regali, approfittò dello sconto per l'Esposizione Universale di Parigi e s'imbarco' per l'Italia il 17 maggio 1900. Una lettera anonima arrivò alla regina d'Italia. Diceva che da Paterson sarebbero venuti i vendicatori dei morti di Milano. Le intelligences italiana e americana si allertarono. Bresci non era facile da intercettare. Non aveva nulla dello stereotipo dell'anarchico. Neppure lo pseudoscienziato preariano Lombroso riuscì poi a trovare in lui quelle tare fisiche indizi di tare morali che trovava sistematicamente nei briganti meridionali e negli altri attentatori al re. Bresci era sempre molto elegante. I suoi compagni di Prato lo chiamavano "il damerino". Era fascinoso, simpatico, entrava facilmente in confidenza. Girava sempre con una macchina fotografica e a quei tempi erano pochi. Gaetano non fotografava però paesaggi monumenti celebrità, fotografava "signorinelle" proletarie. Così aveva conquistato sua moglie. A lei non pareva vero che qualcuno volesse fotografarla. Queste erano cose per le grandi dame, le dive... Con il click della macchina fotografica Bresci faceva sentire divine le ragazze proletarie. Intanto però si era esercitato al click del suo revolver Harrington&Richardson, cal. 38 S&W, con cui intendeva togliere divinità ad un re che si considerava Signore della vita e della morte, concentrando indebitamente potere temporale e potere spirituale. Il peccato più grave per Dante, il peccato di Bonifacio VIII. Bresci sapeva che non bastava "essere gentiluomini, nati per calpestare le teste dei re" (Shakespeare). Per riuscire a farlo occorreva esercizio allenamento disciplina...


3. Nel suo vagabondare dalla Francia all'Italia, Bresci incontrò molte amiche... A Sesto Fiorentino c'era una festa di paese. I ragazzi si sfidavano al tiro a segno. Bresci sfidò tutti a centrare il collo di una bottiglia con una Flobert (aria compressa). Mise 5 colpi su 6 nel collo della bottiglia. Era un tiratore eccezionale ... Andò poi a Castel S.Pietro (Bo) dove abitava la sorella. A Bologna partecipò all'inaugurazione del monumento a Garibaldi. (Bakunin era stato ospite di Garibaldi a Caprera e i due erano in corrispondenza epistolare) ... Prima di incontrare il re a Monza, acquistò un paio di scarpe gialle, di gran moda. Mangiò anche quattro gelati alla crema. La gelataia scherzo' che doveva avere molto caldo per tutti quei gelati. Gaetano Bresci le sorrise e fu l'ultimo sorriso che fece ad una ragazza proletaria. Alle 10,25 (di sera però) del 29 luglio 1900 centro' il re con tre colpi su 4. Dichiaro' in Tribunale che un proiettile era per i morti di Milano, l'altro per i compagni di Paterson e l'ultimo per tutti gli italiani costretti ad emigrare. Rimase sempre tranquillo, all'arresto, in tribunale, nella breve detenzione, proprio come un bushi (= guerriero) orientale. Sono sicuro che rimase tranquillo anche quando "alcune guardie bigotte gli cercarono l'anima a forza di botte ". Bresci sapeva a cosa andava incontro e non si aspettava sconti dai Savoia e dai loro sgherri. A differenza del barbarico Giappone, la colta e civile Italia non dava alcuna possibilità di impedire che una durissima persecuzione sociale si abbattesse sulle persone care a Bresci, in una vendetta trasversale che accomuna lo Stato dei Savoia ad un'organizzazione mafiosa. Tutte le sue amiche furono arrestate, anche la moglie in America. Il fratello ufficiale dell'Esercito, con cui Bresci non aveva più rapporti, dovette cambiare il cognome e così le figlie in America. Il fratello maggiore invece, anch'egli anarchico, finì pure lui suicidato. Dopo le 10,25 (di sera però) del 29 luglio nulla fu più come prima. I Savoia, che lo stragismo l'avevano nel sangue (fin dal 1600 con la Strage dei Valdesi, poi nel dominio in Sardegna, a Genova 1849, dopo l’Unità nel sud Italia, a Palermo 1866…), divennero molto più prudenti ad impegnarsi direttamente in una strage. Aspettarono che si formassero dei boia servizievoli disponibili a svolgere direttamente il lavoro sporco. Dovettero aspettare 20 anni, ma infine la loro pazienza fu premiata. Da questo punto di vista si può dire che l'antifascismo militante è la continuazione del regicidio di Bresci: com'egli colpì lo stragismo dei Savoia così l'antifascismo combatte gli stragisti moderni.


4. Ci sono voluti due regicidi per fermare lo stragismo dei Savoia. Oltre a Bresci, nel 1655 il regicida Oliver Cromwell tuonò, dall'altra parte della Manica (ergendosi a difensore dei protestanti europei), che se non cessava subito la mattanza di donne vecchi bambini valdesi il New Model Army sarebbe sbarcato a Genova. Quante volte ho sognato (sogno troppo lo so...) i soldati rivoluzionari inglesi, i levellers, gli zappatori (i primi comunisti moderni) sbarcare, risalire la Savoia, marciare recitando la Bibbia (ogni soldato ne recitava una parola e il New Model Army diventava la Bibbia in marcia), per mostrare a quei feroci bigotti codini dei Savoia la differenza tra combattere un soldato motivato e fare la guerra a donne vecchi bambini. I Savoia non si fecero mancare nulla del repertorio infame dello stragismo, che il secolo scorso ci ha reso tristemente famoso. Ci furono anche i rapimenti degli orfani piccolissimi delle vittime, assegnati a famiglie "per bene" sabaude. E dunque va corretta l'affermazione di Saba (grande poeta, curioso e attento ai fenomeni profondi della psiche… ma scarso in Storia), quando dice che gli italiani, a differenza di francesi ed inglesi, non possono fare la Rivoluzione: per la Rivoluzione ci vuole il parricidio (tutti i tiranni si mascherano da Padre), il regicidio. Gli italiani hanno conosciuto solo il fratricidio di Romolo e Remo. Il regicida c'è stato, è stato Gaetano Bresci ed è ora di esserne consapevoli. E a Dongo, il colonnello Valerio ha continuato il suo lavoro.


5. Il movimento operaio europeo (italiano) ed occidentale non ha mai potuto disporre di un'intelligenza militare come quella dei 47 ronin. Condotti dai loro capi, lavoratori e sfruttati si sono fatti trovare sempre esattamente là dove il nemico li aspettava. Il colonello Oropezas, comandante della contraerea cubana durante la Crisi missilistica, (“ el tigre de Fidel”, secondo la CIA) raccontava che loro riuscivano sempre a prevedere le mosse degli yankees. Sapevano sempre dove gli imperialisti avrebbero colpito nello scacchiere internazionale. “Gli yankees sono brutos…”­-diceva. Ecco, purtroppo il movimento operaio europeo (italiano) ed occidentale, è stato un “brutos” per gli yankees… Gaetano Bresci è un'eccezione, un caso isolato. Non c'è mai stata consapevolezza delle sue straordinarie qualità militari. Anche la sua parte politica lo sostenne per ragioni di appartenenza, senza curarsi delle competenze che aveva messo in campo. Da questo punto di vista si può dire ch'egli sia un ronin italiano, l'ultimo ronin, il 48° ronin. Senza illudersi di promuovere l'introduzione di elementi orientali nella cultura italiana (anche se effettivamente questo è il mio sogno), una comunità antagonista che si rispetti dovrebbe ricordare e celebrare (ovviamente non è pensabile il pellegrinaggio e la devozione giapponesi) i luoghi che hanno visto vivere e morire Gaetano Bresci. Ventotene soprattutto, il luogo in cui si conclude il suo martirio e la sua passione,“dove non v’è neppure un sasso foscoliano a ricordare il ronin italiano” (è il cruccio che suole sollevarmi una cara ex collega, la valorosa professoressa della Scuola Italiana Enzina Sirianni).


(le foto : Bresci; i 7 samurai, che erano poi ronin; il revolver di Bresci.)










25 visualizzazioni0 commenti

Post recenti

Mostra tutti

Tecnica

Comments


Post: Blog2_Post
bottom of page